Recentemente la canzone vincitrice dello “Zecchino d’Oro” ci porta a riconsiderare la figura del bullo. Un ragazzino prepotente, arrogante, che esprime la sua rabbia e intimorisce i suoi pari. Certo. Tutto vero. Ma perché un bambino o un ragazzino si comporta così? E’ il caso di “bollarlo come bullo” o di aiutarlo a crescere? Magari mostrandogli che c’è anche molto di buono in lui, come in qualunque altra persona. Di quali sofferenze e solitudini il “bullo” è portatore? E non dimentichiamo che si parla di persone che per la loro età hanno bisogno del sostegno degli adulti per diventare grandi. Inutile citare la mole bibliografica a sostegno dei bisogni speciali di questi giovani spaventosi, considerati a volte figli di genitori poco capaci, oppure quasi nati sotto una cattiva stella. Ma penso che tutti noi sappiamo che non si tratta di questo. La nostra società, ricca di media e social net-work, rende difficile la comunicazione a livelli profondi. La sofferenza non va di moda, il disagio è oggetto di giudizio. Ma è proprio possedere un’immagine negativa di se stessi che produce gli effetti peggiori nel comportamento dei ragazzi. E può essere difficile ripristinare un canale di interazione efficace con loro…Ma soprattutto, al di là dei nostri pensieri da adulti, di ripristinare l’amore, la fiducia e l’apprezzamento, che oltre ogni visibile apparenza, i giovani più di noi hanno il diritto di ottenere.
Educare all’inclusione, fin dalla più tenera età, resta l’unica strada da percorrere per creare i presupposti di una società futura migliore.
CANZONE VINCITRICE DEL 59° “ZECCHINO D’ORO”
QUEL BULLETTO DEL CARCIOFO
interprete Chiara Masetti; musica G. De Rosa; testo Serena Riffaldi.